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Sviluppo fonologico e metafonologico nell’acquisizione della scrittura

Partiamo dalla definizione di Sviluppo Fonologico:

“Imparare a rappresentare mentalmente i suoni che caratterizzano la nostra lingua, le strutture sillabiche in cui questi suoni si possono combinare nelle parole e le strutture prosodiche; queste rappresentazioni mentali guidano poi il nostro apparato articolatorio (bocca, mandibola, labbra, ecc.) per la produzione delle parole.”

Lo sviluppo fonologico inizia in tempi molto rapidi:

  • A 5/6 mesi i bambini sono in grado di distinguere i tratti fondamentali di tutte le lingue; sembrano quindi essere predisposti a percepire i suoni di tutte le lingue esistenti sulla terra.
  • A 12 mesi cominciano a fare un po’ di economia e si specializzano sui suoni della propria lingua madre.
  • A 4 anni la capacità fonologica è in stretto rapporto con la conoscenza delle parole, vale a dire a questa età i bambini percepiscono meglio i suoni delle parole che conoscono.
  • A 5 anni i fonemi vengo percepiti come unità distinte dalle parole e dal loro significato.

Tra i 4 e i 5 anni si sviluppa quella competenza necessaria per la lettoscrittura che è la COMPETENZA METAFONOLOGICA, ossia la capacità di riflettere sulle parole indipendentemente dal loro significato.

La competenza fonologica e metafonologica in generale è una delle colonne portanti dell’apprendimento della letto scrittura perché i bambini su quelle competenze costruiscono il passaggio dal linguaggio parlato al linguaggio scritto.

I bambini intorno a 4 anni cominciano spontaneamente a rendersi conto che le parole sono formate da “pezzi”, le sillabe (METAFONOLOGIA SUPERFICIALE).

Solo in un secondo momento scoprono che la parola si può dividere in “pezzi” ancora più piccoli, i fonemi: questa abilità che comincia intorno ai 6 anni rientra nella METAFONOLOGIA PROFONDA.

Il bambino, che quindi sperimenta il passaggio dal parlato allo scritto, deve essere consapevole che ciò che scrive non è più la rappresentazione grafica della parole (DISEGNO), ma ciò che scrive sono i suoni corrispondenti a quella parola.

Tutto questo riesce a farlo quando è in grado di percepire i suoni singoli (Metafonologia Profonda) e di capire che questi suoni devono rispettare una sequenza precisa.

Della parola “PANE” io non solo devo percepirne i suoni singoli P-A-N-E ma devo anche percepirne la sequenza in cui questi suoni sono articolati per poterla poi scrivere correttamente.

Per i suoni che non rispettano la corrispondenza suono/segno (CI ha un suono, ma due segni) interviene l’apprendimento ortografico.

È così che i bambini apprendono a scrivere.

Nella Metafonologia Profonda in soccorso dei bambini nell’arduo compito di ricordare i pezzetti delle parole arriva la Working Memory (Memoria di Lavoro), una memoria speciale che li aiuta quindi non solo a ricordare i singoli fonemi, ma li elabora e li trasforma in grafemi.

Purtroppo non per tutti i bambini questo avviene in maniera naturale e anche laddove ci sia un insegnamento mirato può non arrivare ad essere un apprendimento automatico.

Quando nella scuola d’infanzia ci sono bambini che a 4 anni presentano un linguaggio fonologicamente incompleto (/Tella/ per /Stella/ /Bacco/ per /Banco/) o quando addirittura hanno un eloquio incomprensibile o delle frasi dal punto di vista morfosintattico immature e quando le maestre si accorgono che il loro linguaggio non si modifica nel tempo, dobbiamo cominciare a chiederci come quel bambino arriverà a conquistare la capacità di manipolare i fonemi e come riuscirà a sfruttare quella capacità per imparare a scrivere e leggere.

È molto probabile che lo stesso meccanismo, che non ha permesso al bambino di automatizzare il linguaggio parlato, incida negativamente nell’acquisizione del linguaggio scritto.

In pratica succede che, se il bambino a 4 anni non ha risolto le sue lacune fonologiche, farà molta fatica a ragionare sui suoni o lo farà così lentamente che quando arriva ad elaborare gli ultimi due suoni della parola /pane/ si è scordato i primi due.

Perché badate bene che qui non si parla di sentire i suoni (quello lo facciamo con il nervo acustico) ma di percepirli, di elaborarli singolarmente e in sequenza (vi ricordate la definizione di Sviluppo fonologico?) in tempi molto rapidi.

Quando l’insegnante detta la parola ASTRONAVE, il bambino deve percepire, elaborare i suoni, ricostruirli in sequenza e trasformarli in segni grafici; questa cosa avviene in attimi brevissimi e per molti bambini con DSA questo è un compito molto difficile.

Ecco che se l’insegnante conosce il naturale sviluppo fonologico può proporre già dal secondo anno della scuola d’infanzia un lavoro che preveda l’elaborazione dei suoni in sequenza (che possono essere anche rumori) e successivamente dei fonemi.

La didattica incentrata più sull’ascolto che sulla “carta e matita” potrebbe fortificare gli apprendimenti futuri di tutti i bambini ed essere un valido aiuto delle maestre per l’individuazione dei casi a rischio.

Viviana Vinci

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